Blue Water Hunting: cos’è la pesca nel blu
La “pesca nel blu”, o Blue Water Hunting, è una tecnica di pesca subacquea in apnea che si svolge in mare aperto, spesso in acque oceaniche, lontani dal fondale marino e senza protezioni di sorta.
Intesa da molti come la sfida definitiva per ogni pescatore subacqueo, il Blue Water Hunting è una tecnica che si confronta con prede di dimensioni notevoli, soprattutto grandi pelagici come tonni e marlin, e che si svolge armati esclusivamente di un fucile subacqueo – generalmente un potente arbalete multigomma.
Blue Water Hunting, la sfida definitiva
“L’oceano aperto sembra infinito”, scrive Terry Maas nel suo primo libro, Bluewater Hunting e Freediving. Quello in cui si trova immerso il sub nel Blue Water Hunting è l’ambiente più selvaggio rimasto sulla Terra, lo scenario di un confronto aperto e senza difese con gli animali più primitivi che popolano il mare.
Tra le diverse tecniche di pesca subacquea in apnea, il Blue Water Hunting è una delle più complesse e affascinanti: la sfida qui è totale, perché ci si ritrova immersi in un mare senza fondo né direzione.
Come ricorda Maas, biologo marino e sub quattro volte vincitore dei campionati USA di pesca subacquea, quando ci si immerge in mare aperto “le circostanze possono cambiare rapidamente, e il cacciatore può trasformarsi in preda”: ecco perché il Blue Water Hunting è considerato la sfida definitiva per ogni pescatore subacqueo, nonché una delle tecniche di cattura più avvincenti in termini assoluti.
Pesca nel blu: cos’è il Blue Water Hunting
La tecnica del Blue Water Hunting consiste nella caccia subacquea in mare aperto: si svolge a mezz’acqua, a profondità che arrivano con facilità intorno a 6/7 metri, senza punti di riferimento né protezioni.
Quando si immerge in mare aperto per una battuta di caccia, il sub è armato soltanto del suo fiato, della sua sagola elastica e del suo arbalete. Molto spesso c’è un’imbarcazione sopra di lui, quella che lo ha condotto nel punto dell’immersione e da cui è iniziato l’approccio alla preda, che viene seguita e a volte “accompagnata” dal natante (per esempio nel caso dei rostrati).
Una volta sott’acqua, immerso nello spazio senza confini del mare aperto, possono passare diverse ore senza vedere l’ombra di un pesce, e il pescatore potrebbe perdere l’orientamento e non essere in grado di determinare le esatte dimensioni della sua preda.
Soprattutto se ci si concentra sulla propria strumentazione o sui pesci più vicini, si può facilmente perdere la percezione della profondità, della corrente superficiale e delle dimensioni degli organismi più distanti.
Blue Water Hunting: per quali pesci è indicata
Questo tipo di pesca richiede pazienza, capacità d’azione e una buona dose d’addestramento subacqueo: le immersioni si svolgono spesso lungo i drop-off e sono generalmente dinamiche, perché le profondità in questa tecnica possono essere molto variabili, da 3-4 metri fino a oltre 60 metri nel blu.
In questa fascia si trovano banchi di piccole prede e grandi pelagici come tonni, marlin, wahoo (o acantocibio), caranghi giganti (giant trevally) ma anche aguglie e ricciole. Alcune località sono celebri per immersioni legate a prede specifiche: avviene per esempio in Australia con il tonno denti di cane e il maccarello reale, e nella Baia del Messico, dove si pescano soprattutto tonno pinnagialla e wahoo.
L’International Underwater Spearfishing Association, di cui Terry Maas è direttore, indica come pesci da Blue Water: alalunga, ricciola e ricciola del Pacifico, seriola rivoliana, pesce spada, cobia, lampuga (che gli americani chiamano dolphinfish), marlin, sgombro, istioforo, trevally, tonno e wahoo. Secondo altre organizzazioni, questa lista può essere ampliata a specie come pompano africano e pesce gallo.
Blue Water Hunting: quale arbalete scegliere?
Come si intuisce facilmente, il Blue Water Hunting necessita di un’attrezzatura specifica: secondo i dati dell’International Underwater Spearfishing Association, la cattura più grossa mai effettuata con questa tecnica tra le specie consentite è quella di un Blue Marlin di 301,2 chili, avvenuta in Brasile nel 2006.
Considerando anche le specie oggi protette, pare si possa arrivare a superare agevolmente la soglia dei 300 chili: il record assoluto resta quello della leggendaria cattura di un Goliath Grouper da 364,7 chili, avvenuta nel 1949 negli USA con una primitiva fionda hawaiana. Questo solo per dire che le prede possono essere grosse e potenti, al punto da poter piegare l’asta dell’arbalete se non si valuta bene il momento del tiro.
Servirà un arbalete lungo e molto resistente, capace di coniugare robustezza, maneggevolezza e potenza di tiro: le prestazioni sono necessarie non solo per le distanze di tiro, ma anche perché spesso si usano aste più pesanti di quelle cui si è abituati sotto costa.
Una caratteristica del Blue Water Hunting è la presenza del cosiddetto bungee, una sagola elastica che permette di lasciare allontanare la preda e ammortizzare i suoi tentativi di fuga dopo averla colpita.
Negli Stati Uniti vengono spesso preferiti gli arbaleti con impugnatura centrale, soprattutto per una questione di manovrabilità: si parla di fucili che spesso superano i 130 cm in lunghezza, e che possono alloggiare aste fino a 9 mm di diametro, come l’arbalete doppio roller in carbonio monoscocca di Alemanni, pensato proprio per la pesca nel blu.
Chi pratica questa tecnica di pesca subacquea tende a preferire fucili con doppia o tripla gomma, più semplici da calibrare, ma c’è anche chi invece predilige l’esperienza in apnea con l’arbalete tradizionale, considerato più agile rispetto ai modelli roller.