Guida alla pesca in apnea: tecniche e consigli
La pesca subacquea in apnea sta vivendo una stagione di grande popolarità: sarà che si tratta di una disciplina sostenibile e a basso impatto ambientale, e che permette di esplorare una dimensione agli antipodi rispetto al meccanico trambusto della città.
Quando ci si immerge si diventa tutt’uno con la vita del mare, con la sua bellezza e la sua potenza, ma si è anche in una situazione molto innaturale, per l’organismo umano. La pesca in apnea è tutt’altro che semplice: richiede impegno fisico e prontezza d’animo, intuizione e capacità analitica. Bisogna imparare a conoscere le stagioni, i fondali e il comportamento dei pesci, essere informati sui possibili rischi legati alle immersioni e saper scegliere la giusta attrezzatura.
Le principali tecniche della pesca in apnea
La pesca in apnea è una pratica antichissima, che fino a non troppo tempo fa veniva praticata con strumenti rudimentali come coltelli e lunghe aste. Fu soltanto a partire dagli anni Cinquanta che la pesca subacquea in apnea iniziò a distinguersi come disciplina sportiva e ricreativa: le attrezzature iniziarono ad evolvere, e anche le tecniche utilizzate dai pescatori subacquei.
Ad oggi, le principali tecniche di pesca subacquea in apnea sono:
- Pesca in caduta: è la tecnica più istintiva, anche se tutt’altro che facile da mettere in pratica. Consiste nel planare dall’alto sulla preda e sorprenderla senza farsi percepire. Richiede una buona visibilità, una certa dose d’acquaticità e una discreta confidenza con il mondo dei pesci (e su come percepiscono il mondo);
- Pesca all’aspetto: questa tecnica, tra le più praticate dai sub italiani, si svolge principalmente sul fondo, mimetizzandosi tra rocce e vegetazione. Consiste nel restare immobili pancia a terra, aggiustare la mira e aspettare che qualche preda si avvicini (perché incuriosita o ingannata da un mimetismo perfetto). Richiede ottime capacità apneistiche e un arbalete potente e facile da maneggiare;
- Pesca in tana: è una tecnica antichissima che consiste nell’insediare i pesci all’interno di tane e fessure tra le rocce. Richiede memoria visiva, grande rapidità d’azione e una buona conoscenza del comportamento delle diverse specie (da cui può dipendere l’esito della battuta):
- Pesca all’agguato: tecnica complessa che può essere affinata solo con l’esperienza, la pesca all’agguato si pratica in movimento, prevalentemente in acque mosse. Si effettua a tutte le profondità, dal bassofondo a oltre 15 metri: consiste nel muoversi lentamente, rasenti al fondo, alla ricerca di una preda distratta. Richiede grande acquaticità e un’ottima capacità polmonare;
- Blue Water Hunting, o “pesca nel blu”: questa tecnica, affascinante e molto complessa, si svolge in mare aperto a mezz’acqua, a profondità che arrivano con facilità intorno a 6/7 metri, senza protezioni né punti di riferimento ad eccezione (forse) del natante.
Le prime quattro tecniche descritte possono tramutarsi facilmente l’una nell’altra: se è necessario cambiare strategia di pesca, è possibile unire le diverse tecniche nella stessa sessione di apnea. Il caso più comune è quello in cui si inizia con la caduta e ci si lascia cadere sul fondo per un aspetto, che può facilmente diventare un agguato (se i polmoni lo permettono).
Pesca subacquea in apnea: il tema della sicurezza
La pesca subacquea in apnea è una disciplina affascinante e “primitiva” ma anche estrema, almeno per l’organismo: ci si immerge in un ambiente innaturale e bisogna fare i conti, tra le altre cose, con la pressione sul corpo e con la carenza di ossigeno nel sangue.
Prima di immergersi in sicurezza è assolutamente consigliabile frequentare un corso di apnea, in modo da imparare le tecniche di compensazione fondamentali e sapere come affrontare eventuali situazioni di difficoltà in acqua.
Il controllo del respiro è un aspetto cruciale: i tempi di apnea non vanno mai forzati, ed è caldamente sconsigliato immergersi in presenza di raffreddore, mal di schiena o qualunque altro tipo di problema fisico. Per una battuta di pesca in apnea non basta l’acquaticità: servono allenamento, capacità di controllare il proprio corpo, concentrazione e un equilibrio psicofisico pressoché perfetto. Se l’apnea si fonda sul silenzio, la pesca in apnea si basa sulla perfezione del gesto: qualunque difetto può portare a una preda mancata o, peggio, a un incidente.
Proprio per questo, una delle regole base di chi pratica pesca subacquea in apnea è quella di non uscire in mare da soli, ma sempre con un compagno che possa intervenire in caso di necessità.
Pesca in apnea, quali sono i rischi
I rischi più frequenti nella pesca sportiva subacquea sono legati agli effetti della pressione dell’acqua e alle variazioni di questa pressione. In particolare, da un punto di vista medico, i rischi più tipici delle attività in apnea sono:
- eventi barotraumatici a carico dell’orecchio o dei seni nasali: per evitarli, è bene evitare di immergersi in presenza di tosse, raffreddore o allergia. È inoltre consigliato evitare l’assunzione di latticini, carne rossa, caffè, alcol, cibi grassi e molto raffinati;
- samba e blackout: sono eventi traumatici causati dall’ipossia prolungata e si manifestano come perdita del controllo, spasmi e contrazioni (perdita di coscienza nei casi peggiori). Un consiglio per evitarli è quello di non prendere troppa aria al primo respiro in superficie, ma limitarsi a riempire i polmoni per metà;
- embolia gassosa arteriosa: è uno degli eventi più gravi che può capitare all’apneista, e dipende dalla fisica dei gas (il cui volume cambia all’aumentare della pressione). Quando si scende di 10 metri, la pressione dell’aria contenuta nei polmoni passa da 1 a 2 bar, il che significa che mentre si risale verso la superficie quest’aria raddoppia di volume. Il rischio, se si risale troppo in fretta, è quello di arrivare a lacerare gli alveoli polmonari.
Questi sono soltanto alcuni dei rischi cui ci si espone durante una battuta di pesca in apnea: vanno poi considerati i pericoli d’altro tipo, come quelli legati alla convivenza con le imbarcazioni e alla possibile presenza di reti e ostacoli sul fondo.
Uno dei fattori determinanti, quando si parla di rischi legati all’apnea, riguarda lo stato psicofisico: il panico è un fattore comune alla maggior parte degli incidenti subacquei gravi, motivo per cui sarebbe bene evitare di immergersi quando si sente di non avere il pieno controllo su se stessi, anche da un punto di vista mentale.
Pesca in apnea: come scegliere l’attrezzatura
Oltre alla giusta preparazione, una buona battuta di pesca sportiva in apnea richiede anche l’attrezzatura adeguata: un arbalete non adatto al tipo di pesca che si vuole fare, una pinna troppo stretta o una muta che lascia entrare l’acqua in inverno possono diventare ostacoli importanti per il pescatore, e in alcuni casi tramutarsi in veri e propri fattori di rischio.
Come scegliere l’arbalete
La prima cosa da fare, se l’idea è quella di sparare ai pesci, è quella di procurarsi un arbalete. Per scegliere l’arbalete giusto, bisogna considerare diversi fattori:
- la tecnica di pesca: chi pesca in tana, a basse profondità o vicino alle rocce ha bisogno di un arbalete maneggevole e facile da caricare, per cui saranno da preferire fucili estremamente precisi e dalle dimensioni contenute. Al contrario, nella pesca in acque limpide si prediligono arbaleti molto lunghi e potenti, capaci di tirare a grandi distanze;
- la visibilità dell’acqua: acque torbide richiedono arbaleti corti, mentre in acque limpide c’è bisogno di fucili lunghi e dal tiro potente;
- il tipo di fondale: per affrontare fondali rocciosi e ricchi di vegetazione serve un arbalete piuttosto corto ma dal tiro potente;
- le distanze di tiro;
- il livello di esperienza: all’inizio è bene fare pratica con arbaleti non più lunghi di 90 centimetri, più maneggevoli e facili da caricare. Riuscire a prendere la mira con un fucile lungo, infatti, non è un’impresa da poco, e può richiedere un lungo allenamento nella coordinazione mano/occhio e nella pratica del tiro;
- il grado di allenamento: spesso si tende a sottovalutare l’aspetto della forza fisica. Prima di acquistare un mostro da 135 cm con gomme spesse è bene assicurarsi di avere abbastanza forza muscolare per armare comodamente il proprio fucile. L’allenamento però non riguarda solo la forza fisica: oltre alla prestanza, bisogna considerare l’esperienza del pescatore nel padroneggiare la tecnica di caricamento e saper interpretare il “carattere” del proprio arbalete.
Scegliere l’arbalete perfetto per la propria idea di pesca in apnea non è così semplice: prima di acquistare il proprio fucile da pesca è importante potersi confrontare, oltre che con altri pescatori, con un venditore che sia anche un maestro nell’arte della pesca e un esperto conoscitore del mondo degli arbaleti.
Come scegliere le pinne per la pesca sub
La scelta delle pinne è di fondamentale importanza: una pinna troppo stretta, soprattutto se si pesca in inverno, può provocare intorpidimento e disturbare irrimediabilmente l’immersione. Le pinne sono quelle che consentono al pescatore di muoversi in acqua, perciò devono essere abbastanza comode da essere indossate per diverse ore e diventare un “prolungamento” del proprio corpo.
Tra i fattori da considerare nella scelta delle pinne da pesca sub:
- la lunghezza delle pale: dipende essenzialmente dall’uso che se ne vuole fare, quindi anche dal tipo di pesca che si pratica;
- il materiale: esistono pinne in plastica, pinne in fibra di vetro e pinne in materiali compositi (fibra di vetro/carbonio). La scelta del materiale dipende dalla combinazione di spinta e reazione che si vuole ottenere dalla pinneggiata;
- la rigidità della pala: dipende essenzialmente dalla propria struttura fisica. Un fisico snello richiede una pala molto flessibile, mentre i pescatori più corpulenti o con un maggiore grado di allenamento possono scegliere pale più dure.
Per scegliere pinne della durezza adatta al proprio tipo di pesca non basta sapere quanto si è alti e quanto si pesa: è necessario essere consapevoli del proprio grado di allenamento e dell’acquaticità generale.
L’attrezzatura per la pesca in apnea: dalla muta in poi
Arbalete e pinne non sono tutto. Prima di uscire per una battuta di pesca in apnea, bisogna assicurarsi di avere l’attrezzatura fondamentale per immergersi, e cioè:
- muta: la muta è tra le parti più delicate dell’attrezzatura sub, in tutti i sensi. La possibilità di scelta è pressoché: con un po’ di pazienza e dedizione, si può trovare la combinazione di materiale, tipologia (liscio-spaccato, foderato o bifoderato) e spessore ideale per i propri gusti. Rientrano nella scelta della muta anche guanti, calzari, bermuda e sottomuta vari: non resta che trovare la propria combinazione, tenendo sempre a mente che la muta non serve soltanto a proteggere dal freddo, ma è a tutti gli effetti una seconda pelle. La morbidezza, in questo senso, è un fattore cruciale: la muta per la pesca sub dev’essere abbastanza comoda da permettere una piena espansione polmonare;
- maschera: oltre ad adattarsi perfettamente al proprio viso, la maschera per la pesca in apnea dovrebbe consentire la migliore visibilità possibile. È infatti consigliato optare per maschere con un campo visivo largo e che abbiano il minor volume interno possibile. Per il resto, la scelta dipenderà dalle proprie esigenze particolari (es: leggerezza, mancanza di riflessi, etc.);
- zavorra: la zavorra è piuttosto semplice da scegliere. Esiste infatti uno standard che permette di stabilire il carico necessario a partire da peso, profondità di pesca e spessore della muta. Bisogna però scegliere il tipo più adatto alla propria pesca: esistono cinture in piombo, schienalini e zavorre da caviglia, che possono essere usati in combinazione per meglio distribuire i pesi;
- boa o plancetta: obbligatoria per legge e fondamentale quando si pesca in zone “trafficate”, la boa è parte integrante dell’attrezzatura. Da qualche tempo è possibile scegliere di acquistare una plancetta, una sorta di gommone in miniatura dotato di bandiera di segnalazione che permette di portare con sé accessori utili come retini o arbaleti di riserva;
- snorkel o boccaglio.
I segreti della pesca in apnea
La pesca in apnea è una disciplina antichissima ma anche molto complessa, che richiede un grande impegno fisico, esperienza e la capacità di controllare le proprie emozioni. Non siamo più nell’epoca in cui ci si immergeva in costume da bagno muniti di una lunga asta: oggi si entra in acqua vestiti di tutto punto e accompagnati da metri di sagola che vanno gestiti con accortezza.
In un certo senso, l’esperienza già innaturale dell’immersione in apnea è stata ingegnerizzata: bisogna quindi essere disposti a sperimentare, tornare indietro, cambiare, aggiustare e soprattutto migliorare. Perciò non esistono segreti, ma soltanto conoscenze ed esperienze che possono essere condivise e diventare bagaglio collettivo di una comunità sempre più numerosa.
C’è poi la vita del mare, che si può imparare a conoscere e interpretare soltanto con l’esperienza: come ogni stagione ha le sue regole, così ogni pesce ha un suo carattere specifico. “Il miglior modo di osservare un pesce è quello di diventare un pesce”, disse una volta l’esploratore e oceanografo Jacques Cousteau. Non c’è forse consiglio più saggio per il pescatore che intenda conoscere meglio la preda e sviluppare un rapporto vitale e proficuo con il mare. D’altro canto, chi sceglie la pesca in apnea non si accontenta di pescare.